1934 PNF Torre Annunziata - COLONIA ARNALDO MUSSOLINI

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Torre Annunziata - 3 agosto 1934

Partito Nazionale Fascista
Fascio di Combattimento
Torre Annunziata

Colonia Marina
ARNALDO MUSSOLINI
(così la disascalia dattiloscritta sul retro)
Attenzione: presenta una rilevante abrasione sul recto, come da scansione. Della circostanza si è tenuto conto nella determinazione del prezzo.

Nel 1934, ancor prima di mettersi in testa di conquistare l'Etiopia e l'Albania, l'Italia fascista un suo impero se l'era già costruito. Un impero "estivo", fatto di più di 300 colonie sparse sulle sponde del "mare nostrum" che garantivano un "posto al sole" a quasi 200.000 piccoli italiani che dovevano crescere "sani e forti" perchè così li volevano il Duce e la nazione.
A convogliare verso il mare e il sole i figli della nuova Italia, di età compresa tra i sei e i dodici anni, provvedeva la "perfetta" organizzazione del partito attraverso i Fasci provinciali di combattimento a cui era stato demandato il coordinamento delle attività assistenziali per la loro valenza strategica. La ricetta applicata era semplice ed efficace: mare, sole, ginnastica e giochi all'aria salsoiodata, pasti abbondanti e regolari, e ... disciplina e dottrina fascista quanto basta.
Una miscela venutasi ad affinare nel corso di quasi un secolo, da quando una squadra di medici capeggiati da Giuseppe Barellai (1813 - 1884) aveva scoperto che il soggiorno marino e un ciclo di bagni erano il toccasana per la scrofola e le malattie tubercolari che affliggevano tanta parte della popolazione infantile dell'Italia postunitaria per una pressochè cronica quanto diffusa carenza alimentare. E il Barellai ("benedetto!, benedetto per la sua grande opera umanitaria" diceva alla fine del secolo Paolo Mantegazza) andava commuovendo nobili vedove e dame della buona società bisognose di fare beneficenza; e le convinceva a costituire comitati per inviare in "vacanza" terapeutica i tanti bimbi poveri delle loro città.
Il primo ospizio d'Italia fu aperto a Viareggio nel 1842; il primo dell'Adriatico, a Fano, nel 1863; seguirono quelli di Venezia, di Rimini diretto dal dottor Carlo Matteucci, e quello di Riccione. Nel 1913 gli ospizi e i sanatori marini lungo le coste del Bel Paese erano diventati quarantadue.
"Vita prospera" quella degli Ospizi, dichiarava nel 1873 la pubblicità del Matteucci. Vita a base di igiene personale rigorosa, di terapeutiche immersioni giornaliere nel mare ma, soprattutto, di un'abbondante colazione al mattino e di altrettanto abbondanti pranzi, merendine pomeridiane e cene serali, cose raramente assaporate dai piccoli sofferenti.
Insomma, dopo trenta giorni di cura marina, la metà dei bimbi scrofolosi faceva ritorno a casa completamente risanata e l'altra metà "miracolosamente" sollevata e sulla via di guarigione.
Il fenomeno Ospizi, accanto all'invasione certamente più gioiosa e massiccia della costa da parte di gaudenti vacanzieri, contribuì non poco a trasformare il volto della riviera compresa tra Cervia e Cattolica. Basta ricordare che Riccione, la futura Perla Verde e residenza estiva della famiglia del Duce, fu "scoperta" e fondò le sue fortune turistico-balneari proprio grazie ai bimbi scrofolosi che le località mondane come Rimini cercavano di tener lontani per non intristire, con la visione di volti pieni di pustole e di piaghe, il soggiorno spensierato dei loro ospiti.
Negli anni Venti, con un mare ormai considerato da tutti come benefico elemento di rigenerazione e con un sole "scoperto"alle soglie del secolo come dispensatore di energie vitali, il regime s'era trovato a poter coniugare l'assistenza pubblica, la gratificazione sociale, la possibilità di propagandare e di massificare l' "educazione" fascista, in maniera efficace e coerente con i suoi progammi di "riedificazione civile e morale".
Quella che si realizzò attraverso le colonie marine fu una vera e propria rivoluzione a base di sole e di mare: non più terapie, ma prevenzione, non più tristi sanatori, ma "gioiose palestre all'aperto allietate dal canto di Giovinezza"; non più estemporanei slanci di umanitarismo, ma un'efficiente servizio pubblico organizzato dall'onnipresente partito. E se i figli crescevano sani e contenti, i genitori non potevano che esserne grati al Duce.
Un lungometraggio realizzato negli anni Trenta dall'Istituto Luce per diffondere nei cinema e nelle scuole i meriti dell' "Impero solare" voluto dal regime, ci documenta minuziosamente il trascorrere di una giornata nella colonia Pavese di Igea Marina, dall'immancabile alzabandiera del mattino alla preghiera serale prima di coricarsi: igiene personale, elioterapia, bagno, ginnastica, merendina, pranzo, riposino, giochi sulla sabbia etc.. Tutte cose lontane dai giovani della notte che oggi calano in riviera, ma che allora costituivano per la gran parte dei piccoli "coloni" un'opportunità straordinaria di vita.
Furono più di 1.500.000 i giovani inviati in colonia o in campeggio al mare negli anni Trenta, se si valuta, pur con molta approssimazione, una media di 150.000 giovani all'anno per dieci anni. Un vero fenomeno di massa all'interno del quale Giorgio Gattei, attento studioso del problema, ha individuato quell'"imprintig balneologico" che farà ritornare nel dopoguerra, armati di mogli e di marmocchi, i giovani di un tempo divenuti impiegati ed operai delle fabbriche della Padania, ospiti delle tante pensioni Sorriso o Sandrina.
Nel 1934 il processo di "colonizzazione" delle coste italiane s'era ormai avviato a conclusione.
Solo sulla riviera romagnola in quell'estate furono inaugurate quattro prestigiose istituzioni: la "Novarese", colonia della Federazione dei Fasci di combattimento di Novara con 900 posti letto, progettata dall'ing. Peverelli; la Colonia Bolognese con 2000 posti letto; la Colonia Amos Maramotti, poi "Reggiana", progettata dall'arch. Costantini con 494 posti letto; le cosiddette "Navi", colonia XVIII ottobre per i figli degli italiani all'estero" a Cattolica, con 450 posti letto, progettata dell'ing. Busiri Vici e la colonia "Pavese, a Igea marina, con 800 posti letto. Del 1937 è invece la colonia Sandro Mussolini, ora "Agip" di Cesenatico. Fu progettata dall'arch. Giuseppe Vaccaro e costituisce un esempio di straordinaria qualità dell' architettura razionalista.
Fabbricati prestigiosi, vere e proprie "grandi opere del regime" realizzate per la salute e la gioia dei piccoli italiani, vanto dei gerarchi e del Duce stesso che, nei suoi soggiorni riccionesi, tra una nuotata e un fugace incontro in alto mare con Claretta, non disdegnava mai di inaugurare o di visitare. E, ad imitazione del Capo, i gerarchi Ciano, Farinacci, Parini, Turati, Storace, federali & Co., calavano in riviera ad ogni piè sospinto per ispezionare e gratificare i loro piccoli protetti con pompose cerimonie regolarmente riprese dalla stampa e dai cinegiornali LUCE.
Fotografia d'epoca, originale ed autentica.

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Torre Annunziata - 3 agosto 1934

Partito Nazionale Fascista
Fascio di Combattimento
Torre Annunziata

Colonia Marina
ARNALDO MUSSOLINI
(così la disascalia dattiloscritta sul retro)
Attenzione: presenta una rilevante abrasione sul recto, come da scansione. Della circostanza si è tenuto conto nella determinazione del prezzo.

Nel 1934, ancor prima di mettersi in testa di conquistare l'Etiopia e l'Albania, l'Italia fascista un suo impero se l'era già costruito. Un impero "estivo", fatto di più di 300 colonie sparse sulle sponde del "mare nostrum" che garantivano un "posto al sole" a quasi 200.000 piccoli italiani che dovevano crescere "sani e forti" perchè così li volevano il Duce e la nazione.
A convogliare verso il mare e il sole i figli della nuova Italia, di età compresa tra i sei e i dodici anni, provvedeva la "perfetta" organizzazione del partito attraverso i Fasci provinciali di combattimento a cui era stato demandato il coordinamento delle attività assistenziali per la loro valenza strategica. La ricetta applicata era semplice ed efficace: mare, sole, ginnastica e giochi all'aria salsoiodata, pasti abbondanti e regolari, e ... disciplina e dottrina fascista quanto basta.
Una miscela venutasi ad affinare nel corso di quasi un secolo, da quando una squadra di medici capeggiati da Giuseppe Barellai (1813 - 1884) aveva scoperto che il soggiorno marino e un ciclo di bagni erano il toccasana per la scrofola e le malattie tubercolari che affliggevano tanta parte della popolazione infantile dell'Italia postunitaria per una pressochè cronica quanto diffusa carenza alimentare. E il Barellai ("benedetto!, benedetto per la sua grande opera umanitaria" diceva alla fine del secolo Paolo Mantegazza) andava commuovendo nobili vedove e dame della buona società bisognose di fare beneficenza; e le convinceva a costituire comitati per inviare in "vacanza" terapeutica i tanti bimbi poveri delle loro città.
Il primo ospizio d'Italia fu aperto a Viareggio nel 1842; il primo dell'Adriatico, a Fano, nel 1863; seguirono quelli di Venezia, di Rimini diretto dal dottor Carlo Matteucci, e quello di Riccione. Nel 1913 gli ospizi e i sanatori marini lungo le coste del Bel Paese erano diventati quarantadue.
"Vita prospera" quella degli Ospizi, dichiarava nel 1873 la pubblicità del Matteucci. Vita a base di igiene personale rigorosa, di terapeutiche immersioni giornaliere nel mare ma, soprattutto, di un'abbondante colazione al mattino e di altrettanto abbondanti pranzi, merendine pomeridiane e cene serali, cose raramente assaporate dai piccoli sofferenti.
Insomma, dopo trenta giorni di cura marina, la metà dei bimbi scrofolosi faceva ritorno a casa completamente risanata e l'altra metà "miracolosamente" sollevata e sulla via di guarigione.
Il fenomeno Ospizi, accanto all'invasione certamente più gioiosa e massiccia della costa da parte di gaudenti vacanzieri, contribuì non poco a trasformare il volto della riviera compresa tra Cervia e Cattolica. Basta ricordare che Riccione, la futura Perla Verde e residenza estiva della famiglia del Duce, fu "scoperta" e fondò le sue fortune turistico-balneari proprio grazie ai bimbi scrofolosi che le località mondane come Rimini cercavano di tener lontani per non intristire, con la visione di volti pieni di pustole e di piaghe, il soggiorno spensierato dei loro ospiti.
Negli anni Venti, con un mare ormai considerato da tutti come benefico elemento di rigenerazione e con un sole "scoperto"alle soglie del secolo come dispensatore di energie vitali, il regime s'era trovato a poter coniugare l'assistenza pubblica, la gratificazione sociale, la possibilità di propagandare e di massificare l' "educazione" fascista, in maniera efficace e coerente con i suoi progammi di "riedificazione civile e morale".
Quella che si realizzò attraverso le colonie marine fu una vera e propria rivoluzione a base di sole e di mare: non più terapie, ma prevenzione, non più tristi sanatori, ma "gioiose palestre all'aperto allietate dal canto di Giovinezza"; non più estemporanei slanci di umanitarismo, ma un'efficiente servizio pubblico organizzato dall'onnipresente partito. E se i figli crescevano sani e contenti, i genitori non potevano che esserne grati al Duce.
Un lungometraggio realizzato negli anni Trenta dall'Istituto Luce per diffondere nei cinema e nelle scuole i meriti dell' "Impero solare" voluto dal regime, ci documenta minuziosamente il trascorrere di una giornata nella colonia Pavese di Igea Marina, dall'immancabile alzabandiera del mattino alla preghiera serale prima di coricarsi: igiene personale, elioterapia, bagno, ginnastica, merendina, pranzo, riposino, giochi sulla sabbia etc.. Tutte cose lontane dai giovani della notte che oggi calano in riviera, ma che allora costituivano per la gran parte dei piccoli "coloni" un'opportunità straordinaria di vita.
Furono più di 1.500.000 i giovani inviati in colonia o in campeggio al mare negli anni Trenta, se si valuta, pur con molta approssimazione, una media di 150.000 giovani all'anno per dieci anni. Un vero fenomeno di massa all'interno del quale Giorgio Gattei, attento studioso del problema, ha individuato quell'"imprintig balneologico" che farà ritornare nel dopoguerra, armati di mogli e di marmocchi, i giovani di un tempo divenuti impiegati ed operai delle fabbriche della Padania, ospiti delle tante pensioni Sorriso o Sandrina.
Nel 1934 il processo di "colonizzazione" delle coste italiane s'era ormai avviato a conclusione.
Solo sulla riviera romagnola in quell'estate furono inaugurate quattro prestigiose istituzioni: la "Novarese", colonia della Federazione dei Fasci di combattimento di Novara con 900 posti letto, progettata dall'ing. Peverelli; la Colonia Bolognese con 2000 posti letto; la Colonia Amos Maramotti, poi "Reggiana", progettata dall'arch. Costantini con 494 posti letto; le cosiddette "Navi", colonia XVIII ottobre per i figli degli italiani all'estero" a Cattolica, con 450 posti letto, progettata dell'ing. Busiri Vici e la colonia "Pavese, a Igea marina, con 800 posti letto. Del 1937 è invece la colonia Sandro Mussolini, ora "Agip" di Cesenatico. Fu progettata dall'arch. Giuseppe Vaccaro e costituisce un esempio di straordinaria qualità dell' architettura razionalista.
Fabbricati prestigiosi, vere e proprie "grandi opere del regime" realizzate per la salute e la gioia dei piccoli italiani, vanto dei gerarchi e del Duce stesso che, nei suoi soggiorni riccionesi, tra una nuotata e un fugace incontro in alto mare con Claretta, non disdegnava mai di inaugurare o di visitare. E, ad imitazione del Capo, i gerarchi Ciano, Farinacci, Parini, Turati, Storace, federali & Co., calavano in riviera ad ogni piè sospinto per ispezionare e gratificare i loro piccoli protetti con pompose cerimonie regolarmente riprese dalla stampa e dai cinegiornali LUCE.
Fotografia d'epoca, originale ed autentica.