1931 ESPOSIZIONE PARIGI Angkor Vat FP VG

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1931
PARIGI
ESPOSIZIONE COLONIALE INTERNAZIONALE
ZOO UMANO
Ricostruzione del Tempio D'Angkor-Vat

 

Particolare della replica del Tempio d'Angkor-Vat ,
costruita ex novo in occasione dell' Esposione Coloniale Internazionale di Parigi,
verosimilmente utilizzato come habitat nel quale collocare gli esemplari cambogiani dello zoo umano.

Cartolina postale d'epoca, originale, autentica, di formato piccolo, viaggiata, con affrancatura integra.

 

NOTA STORICA


ZOO UMANI ed ESPOSIZIONI COLONIALI UNIVERSALI : Per tutto il Settecento e fino ai primi decenni dell'Ottocento, i gruppi etnici suscitarono un'attenzione morbosa da parte degli scienziati, ma anche da parte della gente comune. L'osservazione era il criterio di studio divenuto prevalente a partire dagli ultimi decenni dell'Ottocento, quando si affermarono le teorie positivistiche e darwiniane. L'imperativo dello studioso era di osservare per esperire direttamente l'oggetto di studio e catalogarlo nelle sue caratteristiche empiricamente inconfutabili. L'osservazione fu intesa come un approccio privilegiato che tutti gli europei, non soltanto gli studiosi, potevano sperimentare attraverso l'istituzione di veri e propri zoo umani. Gli zoo umani nacquero in Germania intorno al 1874, ad opera di Karl Hagenbeck, un mercante di animali selvatici che scoprì l'affare lucroso di esporre come animali anche gli umani appartenenti alle razze più lontane da quella europea.Dalla metà dell'Ottocento fino agli anni '30 del Novecento, gli zoo umani si diffusero in tutta Europa.La logica insita negli zoo umani era la medesima dello spettacolo che mostrava l'insolito: il nano, la donna barbuta o il gigante. Agli zoo umani però si aggiungevano le caratteristiche dello spettacolo di bestie selvatiche, e i soggetti umani venivano mostrati chiusi nelle gabbie o nei recinti per dare l'impressione che si avesse a che fare con animali pericolosi e non con esseri umani strani o deformati. Essi, infatti, dovevano mettere in scena vere e proprie rappresentazioni dell'inferiorità di alcune razze rispetto a quella europea. L'impressione che si doveva avere alla vista dei coloni era che essi fossero più vicini agli animali che agli esseri umani, e questa impressione si induceva non soltanto dalle caratteristiche somatiche o dalla seminudità dei soggetti mostrati ma, soprattutto, dal fatto che venivano presentati come portatori di comportamenti animaleschi: alcuni come antropofagi, altri come avidi di sesso e altri ancora come dotati di aggressività o forza selvaggia. Si trattava di messe in scena, in quanto gli stessi soggetti talvolta erano pagati per recitare la loro parte, ma il pubblico non lo sapeva. Gli zoo umani di solito erano organizzati da compagnie itineranti, che giravano per le grandi città come Amburgo, Anversa, Barcellona, Londra, Berlino o Milano. Si trattò di spettacoli di massa. A Glasgow, nel 1888, i visitatori furono 5,7 milioni, mentre a Parigi, nell'Esposizione Universale del 1889, sarebbero accorse oltre 30 milioni di persone. Nel 1877 Geoffroy de Saint-Hilaire, direttore del Giardino zoologico di Parigi, decise di mettere dentro una gabbia nubiani ed esquimesi, ottenendo un successo di pubblico assolutamente al di sopra delle previsioni. I parigini si erano riversati in massa per vedere lo spettacolo e quell'anno circa un milione di persone visitarono il giardino pagando un biglietto.
Tra il 1877 e il 1912 si ebbero a Parigi altre iniziative del genere, ad esempio, nel Jardin zoologique d'acclimatation, furono presentate circa trenta "esposizioni etnologiche" che suscitarono un grande successo di pubblico. Successivamente fu ideato uno spettacolo con un vero e proprio "village nègre" con 400 comparse di colore come attrazione principale. Dal 1890 fino alla Prima guerra mondiale l'attrattiva più acclamata era quella in cui il nero appariva particolarmente violento e selvaggio. Dopo la Prima guerra mondiale, periodo in cui ormai il potere europeo sulle colonie si era consolidato, emergeva anche un'altra immagine del "selvaggio", quella di un soggetto docile, sottomesso al bianco, un po' sciocco ma buono; è l'immagine dell'indigeno che è stato ``civilizzato'' e non deve fare più paura ma deve essere utilizzato come servo e come lavoratore. Ad esempio, la nuova percezione dell'indigeno è presente nell'Esposizione coloniale internazionale di Vincennes del 1931 che, estesa su un terreno di centinaia di ettari, rappresentò l'evoluzione dello zoo umano che ora appariva come un luogo in cui si svolgeva la missione civilizzatrice degli europei cristiani che espletavano così il loro paternalistico dovere di acculturazione. L'indigeno non era più chiuso in gabbia, ma posto all'interno di un determinato ambiente. Egli rimaneva comunque un essere inferiore, ma c'era l'idea che avesse acquisito sembianze più "umane" grazie agli europei che lo avevano vestito, educato, e gli avevano permesso di indossare una divisa e di combattere per loro. Era accaduto che i battaglioni coloniali avevano ricoperto un ruolo importante in alcune battaglie durante la Prima guerra mondiale e diversi giornali li avevano elogiati incrinando quell'immagine di pura animalità che aveva dominato negli anni precedenti. Nel 1931 l'esposizione parigina presenterà l'indigeno coloniale vestito e preparato a lavorare o a combattere.

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1931
PARIGI
ESPOSIZIONE COLONIALE INTERNAZIONALE
ZOO UMANO
Ricostruzione del Tempio D'Angkor-Vat

 

Particolare della replica del Tempio d'Angkor-Vat ,
costruita ex novo in occasione dell' Esposione Coloniale Internazionale di Parigi,
verosimilmente utilizzato come habitat nel quale collocare gli esemplari cambogiani dello zoo umano.

Cartolina postale d'epoca, originale, autentica, di formato piccolo, viaggiata, con affrancatura integra.

 

NOTA STORICA


ZOO UMANI ed ESPOSIZIONI COLONIALI UNIVERSALI : Per tutto il Settecento e fino ai primi decenni dell'Ottocento, i gruppi etnici suscitarono un'attenzione morbosa da parte degli scienziati, ma anche da parte della gente comune. L'osservazione era il criterio di studio divenuto prevalente a partire dagli ultimi decenni dell'Ottocento, quando si affermarono le teorie positivistiche e darwiniane. L'imperativo dello studioso era di osservare per esperire direttamente l'oggetto di studio e catalogarlo nelle sue caratteristiche empiricamente inconfutabili. L'osservazione fu intesa come un approccio privilegiato che tutti gli europei, non soltanto gli studiosi, potevano sperimentare attraverso l'istituzione di veri e propri zoo umani. Gli zoo umani nacquero in Germania intorno al 1874, ad opera di Karl Hagenbeck, un mercante di animali selvatici che scoprì l'affare lucroso di esporre come animali anche gli umani appartenenti alle razze più lontane da quella europea.Dalla metà dell'Ottocento fino agli anni '30 del Novecento, gli zoo umani si diffusero in tutta Europa.La logica insita negli zoo umani era la medesima dello spettacolo che mostrava l'insolito: il nano, la donna barbuta o il gigante. Agli zoo umani però si aggiungevano le caratteristiche dello spettacolo di bestie selvatiche, e i soggetti umani venivano mostrati chiusi nelle gabbie o nei recinti per dare l'impressione che si avesse a che fare con animali pericolosi e non con esseri umani strani o deformati. Essi, infatti, dovevano mettere in scena vere e proprie rappresentazioni dell'inferiorità di alcune razze rispetto a quella europea. L'impressione che si doveva avere alla vista dei coloni era che essi fossero più vicini agli animali che agli esseri umani, e questa impressione si induceva non soltanto dalle caratteristiche somatiche o dalla seminudità dei soggetti mostrati ma, soprattutto, dal fatto che venivano presentati come portatori di comportamenti animaleschi: alcuni come antropofagi, altri come avidi di sesso e altri ancora come dotati di aggressività o forza selvaggia. Si trattava di messe in scena, in quanto gli stessi soggetti talvolta erano pagati per recitare la loro parte, ma il pubblico non lo sapeva. Gli zoo umani di solito erano organizzati da compagnie itineranti, che giravano per le grandi città come Amburgo, Anversa, Barcellona, Londra, Berlino o Milano. Si trattò di spettacoli di massa. A Glasgow, nel 1888, i visitatori furono 5,7 milioni, mentre a Parigi, nell'Esposizione Universale del 1889, sarebbero accorse oltre 30 milioni di persone. Nel 1877 Geoffroy de Saint-Hilaire, direttore del Giardino zoologico di Parigi, decise di mettere dentro una gabbia nubiani ed esquimesi, ottenendo un successo di pubblico assolutamente al di sopra delle previsioni. I parigini si erano riversati in massa per vedere lo spettacolo e quell'anno circa un milione di persone visitarono il giardino pagando un biglietto.
Tra il 1877 e il 1912 si ebbero a Parigi altre iniziative del genere, ad esempio, nel Jardin zoologique d'acclimatation, furono presentate circa trenta "esposizioni etnologiche" che suscitarono un grande successo di pubblico. Successivamente fu ideato uno spettacolo con un vero e proprio "village nègre" con 400 comparse di colore come attrazione principale. Dal 1890 fino alla Prima guerra mondiale l'attrattiva più acclamata era quella in cui il nero appariva particolarmente violento e selvaggio. Dopo la Prima guerra mondiale, periodo in cui ormai il potere europeo sulle colonie si era consolidato, emergeva anche un'altra immagine del "selvaggio", quella di un soggetto docile, sottomesso al bianco, un po' sciocco ma buono; è l'immagine dell'indigeno che è stato ``civilizzato'' e non deve fare più paura ma deve essere utilizzato come servo e come lavoratore. Ad esempio, la nuova percezione dell'indigeno è presente nell'Esposizione coloniale internazionale di Vincennes del 1931 che, estesa su un terreno di centinaia di ettari, rappresentò l'evoluzione dello zoo umano che ora appariva come un luogo in cui si svolgeva la missione civilizzatrice degli europei cristiani che espletavano così il loro paternalistico dovere di acculturazione. L'indigeno non era più chiuso in gabbia, ma posto all'interno di un determinato ambiente. Egli rimaneva comunque un essere inferiore, ma c'era l'idea che avesse acquisito sembianze più "umane" grazie agli europei che lo avevano vestito, educato, e gli avevano permesso di indossare una divisa e di combattere per loro. Era accaduto che i battaglioni coloniali avevano ricoperto un ruolo importante in alcune battaglie durante la Prima guerra mondiale e diversi giornali li avevano elogiati incrinando quell'immagine di pura animalità che aveva dominato negli anni precedenti. Nel 1931 l'esposizione parigina presenterà l'indigeno coloniale vestito e preparato a lavorare o a combattere.