1920 ROMA L'IDEA NAZIONALE Lettera Tomaso MONICELLI a Massimo RAVA *Autografo

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7 febbraio 1920
L'IDEA NAZIONALE
ROMA

TOMASO MONICELLI ACCOGLIE MASSIMO RAVA TRA I COLLABORATORI
Autografo

Lettera dattiloscritta con firma autografa del noto giornalista Tomaso Monicelli, direttore de 'L'Idea Nazionale' a Massimo Rava, collaboratore per l'area di Bologna:

"... Caro Rava, Le scrivo anche a nome di Federzoni, lietissimi ch'Ella abbia accettato la nostra offerta... cominci subito il suo lavoro, caro Rava, chè il giornale si ripromette un ottimo risultato...".
Su carta intestata.

In buone condizioni (ma piegature d'epoca).
1 pagina

Lettera d'epoca, originale, autentica.


NOTA DEL REDATTORE:
Tomaso Monicelli (Ostiglia, 10 febbraio 1883 - Roma, 25 maggio 1946) è stato un giornalista e drammaturgo italiano, padre del famoso regista Mario Monicelli.
Di modeste origini familiari, lasciò gli studi preferendo aderire al movimento operaio, dapprima da socialista rivoluzionario, poi come sindacalista rivoluzionario. Parallelamente avviò un'intensa attività pubblicistica e giornalistica. Dal 1903 al 1907 collaborò all'Avanti! con articoli di critica letteraria e teatrale, rimanendovi anche dopo la rottura dei sindacalisti con la direzione del giornale nel 1905. Fu direttore a Milano nel 1904 della "Gioventù socialista", organo della Federazione giovanile socialista. Fu assiduo collaboratore della stampa sindacalista rivoluzionaria, in particolare della milanese "Avanguardia socialista".
Progressivamente, Monicelli si allontanò dal sindacalismo. Nel 1909 e 1910 fondò e diresse a Milano "Il Viandante", settimanale politico-culturale pluralista che invitava ad un riaccostamento dei sindacalisti con i socialisti, ma non alieno da tematiche nazionaliste. Assieme all'amico sindacalista Roberto Forges Davanzati, Monicelli approdò a concezioni nazionaliste e antigiolittiane, partecipando nel 1910 alla fondazione dell'Associazione Nazionalista Italiana.
Conobbe Arnoldo Mondadori nel 1912, ad Ostiglia, ed insieme crearono quella che poi divenne la grande casa editrice. La sorella, Andreina, si sposò con lo stesso Mondadori nel 1913.
Nel 1913 sposò Maria Carreri, dalla quale ebbe quattro figli, tra i quali Mario, futuro regista cinematografico. Nello stesso anno si trasferì a Bologna, dove collaborò con Il Resto del Carlino, il principale quotidiano della città.
Fu interventista sia nella Guerra di Libia sia nella Prima guerra mondiale. Nel 1917 fondò «Penombra», la prima rivista italiana di cinema. Dopo la fine della guerra fu richiamato a Roma, dove diresse «L'idea Nazionale» (1918-1920), poi il "Giornale di Roma" (1921-1922, insieme con Giuseppe Bottai), "Il Tempo" (1922). Terminata l'esperienza romana (a causa della chiusura de Il Tempo) Monicelli ritornò a Bologna, dove fu direttore del Resto del Carlino (agosto 1923).
Acceso nazionalista, Monicelli fu inizialmente uno strenuo sostenitore del movimento fascista. Nel 1924, però, il delitto Matteotti segnò un netto cambiamento d'opinione. Monicelli iniziò a criticare il regime. Fu costretto dopo poco tempo a lasciare la direzione del quotidiano felsineo (febbraio 1925).
Nel 1926 fu nominato consigliere d'amministrazione della Società Italiana Autori Editori (SIAE). Ma l'incarico finì l'anno dopo. Negli anni seguenti Monicelli avvertì che il regime lo aveva isolato ed incontrò serie difficoltà economiche. Fu grazie alla benevolenza di Bottai (che gli garantì un impiego presso la casa editrice Rizzoli), che poté sopravvivere dignitosamente.
Oltre che drammaturgo, fu scrittore, traduttore, direttore dell'Istituto per i drammi di D'Annunzio. Ebbe quattro figli che portarono avanti l'eredità letteraria e artistica del padre: Mario, famoso regista e padre della commedia all'italiana, Giorgio, traduttore ed editore anche per conto della stessa Mondadori, Mino, giornalista e inviato speciale, Furio, scrittore e insegnante al Conservatorio di Milano.

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7 febbraio 1920
L'IDEA NAZIONALE
ROMA

TOMASO MONICELLI ACCOGLIE MASSIMO RAVA TRA I COLLABORATORI
Autografo

Lettera dattiloscritta con firma autografa del noto giornalista Tomaso Monicelli, direttore de 'L'Idea Nazionale' a Massimo Rava, collaboratore per l'area di Bologna:

"... Caro Rava, Le scrivo anche a nome di Federzoni, lietissimi ch'Ella abbia accettato la nostra offerta... cominci subito il suo lavoro, caro Rava, chè il giornale si ripromette un ottimo risultato...".
Su carta intestata.

In buone condizioni (ma piegature d'epoca).
1 pagina

Lettera d'epoca, originale, autentica.


NOTA DEL REDATTORE:
Tomaso Monicelli (Ostiglia, 10 febbraio 1883 - Roma, 25 maggio 1946) è stato un giornalista e drammaturgo italiano, padre del famoso regista Mario Monicelli.
Di modeste origini familiari, lasciò gli studi preferendo aderire al movimento operaio, dapprima da socialista rivoluzionario, poi come sindacalista rivoluzionario. Parallelamente avviò un'intensa attività pubblicistica e giornalistica. Dal 1903 al 1907 collaborò all'Avanti! con articoli di critica letteraria e teatrale, rimanendovi anche dopo la rottura dei sindacalisti con la direzione del giornale nel 1905. Fu direttore a Milano nel 1904 della "Gioventù socialista", organo della Federazione giovanile socialista. Fu assiduo collaboratore della stampa sindacalista rivoluzionaria, in particolare della milanese "Avanguardia socialista".
Progressivamente, Monicelli si allontanò dal sindacalismo. Nel 1909 e 1910 fondò e diresse a Milano "Il Viandante", settimanale politico-culturale pluralista che invitava ad un riaccostamento dei sindacalisti con i socialisti, ma non alieno da tematiche nazionaliste. Assieme all'amico sindacalista Roberto Forges Davanzati, Monicelli approdò a concezioni nazionaliste e antigiolittiane, partecipando nel 1910 alla fondazione dell'Associazione Nazionalista Italiana.
Conobbe Arnoldo Mondadori nel 1912, ad Ostiglia, ed insieme crearono quella che poi divenne la grande casa editrice. La sorella, Andreina, si sposò con lo stesso Mondadori nel 1913.
Nel 1913 sposò Maria Carreri, dalla quale ebbe quattro figli, tra i quali Mario, futuro regista cinematografico. Nello stesso anno si trasferì a Bologna, dove collaborò con Il Resto del Carlino, il principale quotidiano della città.
Fu interventista sia nella Guerra di Libia sia nella Prima guerra mondiale. Nel 1917 fondò «Penombra», la prima rivista italiana di cinema. Dopo la fine della guerra fu richiamato a Roma, dove diresse «L'idea Nazionale» (1918-1920), poi il "Giornale di Roma" (1921-1922, insieme con Giuseppe Bottai), "Il Tempo" (1922). Terminata l'esperienza romana (a causa della chiusura de Il Tempo) Monicelli ritornò a Bologna, dove fu direttore del Resto del Carlino (agosto 1923).
Acceso nazionalista, Monicelli fu inizialmente uno strenuo sostenitore del movimento fascista. Nel 1924, però, il delitto Matteotti segnò un netto cambiamento d'opinione. Monicelli iniziò a criticare il regime. Fu costretto dopo poco tempo a lasciare la direzione del quotidiano felsineo (febbraio 1925).
Nel 1926 fu nominato consigliere d'amministrazione della Società Italiana Autori Editori (SIAE). Ma l'incarico finì l'anno dopo. Negli anni seguenti Monicelli avvertì che il regime lo aveva isolato ed incontrò serie difficoltà economiche. Fu grazie alla benevolenza di Bottai (che gli garantì un impiego presso la casa editrice Rizzoli), che poté sopravvivere dignitosamente.
Oltre che drammaturgo, fu scrittore, traduttore, direttore dell'Istituto per i drammi di D'Annunzio. Ebbe quattro figli che portarono avanti l'eredità letteraria e artistica del padre: Mario, famoso regista e padre della commedia all'italiana, Giorgio, traduttore ed editore anche per conto della stessa Mondadori, Mino, giornalista e inviato speciale, Furio, scrittore e insegnante al Conservatorio di Milano.